Francia, Belgio, Qatar / 102’
lingua Francese, Arabo
cast Sami Bouajila, Nadia Kaci, Amine Lansari, Lyna Khoudri, Adam Bessa, Faouzi Bensaïdi
sceneggiatura Sofia Djama
fotografia Pierre Aïm
montaggio Sophie Brunet
scenografia Patricia Ruelle
costumi Claire Dubien
suono Jean Umansky
Sofia Djama - Les bienheureux
Sinossi
Algeri, pochi anni dopo la fine della guerra civile. Amal e Samir hanno deciso di festeggiare il loro ventesimo anniversario di matrimonio in un ristorante. Durante il tragitto, si scambiano le proprie impressioni sull’Algeria: Amal parla delle illusioni perdute, mentre Samir della necessità di superarle. Nel frattempo, il loro figlio Fahim e i suoi amici Feriel e Reda si aggirano in un’Algeri ostile, pronta a rubare la loro giovinezza.
Commento del regista
Ero una liceale durante la guerra civile. Ricordo che ero spaventata. Paradossalmente, quelli sono stati i migliori anni della mia vita. Ogni giorno celebravamo il nostro ardente desiderio di vivere: andavamo in spiaggia, facevamo escursioni, organizzavamo feste. Era il nostro modo per dire “NO”.
Con il passare degli anni, la morte è diventata un fatto all’ordine del giorno. Sul finire degli anni novanta, le uccisioni furono sospese. Sembrava che l’esercito avesse eliminato la maggior parte dei gruppi maquis. Era l’inizio della “Riconciliazione Civile,” quando i criminali pentiti abbandonavano i loro nascondigli e tornavano alla vita civile apparentemente impuniti. Era l’inizio dell’era Bouteflika. La guerra civile sembrava ormai lontana, ma attraverso una serie di attacchi dinamitardi il regime stava rinsaldando la dittatura in nome della sicurezza nazionale. Il nostro sogno di democrazia era definitivamente infranto. Nel cuore degli algerini albergavano ormai amarezza e disincanto. Volevo mostrare le conseguenze di questa politica sulla privacy delle persone, sulla loro assenza di desideri e sul loro profondo cinismo. A questo fine ho scelto il punto di vista di due generazioni: quello degli adulti di oggi che, ventenni nell’ottobre 1988, sono privi di qualsiasi desiderio e speranza di cambiamento; e quello dei loro figli che avevano 20 anni nel 2008 (la mia generazione). A differenza della prima generazione, i giovani continuano a sognare, a coniare i propri codici di riferimento, a esprimere i propri obiettivi in maniera piuttosto goffa non avendo ereditato la conoscenza adeguata per strutturare la loro lotta. Dotati di maggiore lucidità rispetto ai loro predecessori, sono allo stesso tempo più esposti al pericolo e alla crudeltà del regime.
La trama del film si svolge in una sola notte. Alla fine, nessuno dei personaggi, adulti o giovani, riesce a sottrarsi alla violenza in atto nel Paese.